Secondo il can. 1081 § 2 del codice di diritto canonico precedenta solo il "bene della prole "deve considerarsi come elemento essenziale dell'oggetto specifico del matrimonio. In applicazione di questo principio, il can. 1086 § 2 dello stesso codice conclude che se "una delle parti o ambedue escludono con un atto positivo di volontà ogni diritto all'atto coniugale contraggono il matrimonio invalidamente". Intanto il Concilio Vaticano II, nelle sue riflessioni pastorali sulla dignità del matrimonio, fra i punti che cercava di porre in piena luce, di evidenziare in nodo particolare, fu quello relativo al "bene dei coniugi "che questi conseguono mediante il loro reciproco aiuto e servizio. Seguendo le orme del magistero conciliare, la giurisprudenza e quindi l a Pontificia commissione per la revisione del codice di diritto canonico si sono adoperate ad affermare che non solo il "bonum prolis", ma anche il "bonum coniugum" é da ritenersi oggetto specifico del consenso matrimoniale, e quindi un momento essenziale del matrimonio. Dopo aver presentato l'evoluzione del testo del can. 1086 § 2 del codice del 1917 - fino alla redazione inserita nel can. 1101 & 2 del codice del 1983 - compiuta nel corso dei lavori della suddetta Commione pontificia, l'autore assume una prova di esplicare il significato della locuzione" matrimonii essenziale a liquod elementum" dello stesso canone. Fra gli elementi essenziali del matrimonio di cui positiva esclusione provoca l'invalidita del patto coniugale annovera: il bene della prole (il diritto a gli atti coniugali; la generazione della prole; l'obbligo della protezione della vita concepita; l'educazione della prole), il bene dei coniugi che si concreta nelle loro relazioni interpersonali (la determinazione in concreto di relazioni interpersonali essenziali é rilasciata alla giurisprudenza) e la dignità sacramentale del matrimonio.
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