L’obbedienza religiosa che i membri degli istituti religiosi s’impegnano con il voto a praticare, si basa sull’insegnamento e sull’esempio di vita di Gesù Cristo. Tutta la sua vita costituisce il fondamento e la radice di questo consiglio evangelico. Perciò i religiosi assumono l’obbedienza nello spirito di fede e di amore verso Cristo che proprio per amore dell’uomo si fece obbediente al Padre fino alla morte. Accanto agli elementi strettamente teologici, importanti per capire e praticare questo consiglio, l’obbedienza religiosa possiede anche i suoi elementi giuridici, descritti nel diritto canonico della Chiesa e concretizzati nel diritto proprio degli istituti. L’essere obbedienti a Dio si manifesta nell’obbedienza alla volontà dei superiori. Proprio loro, in quanto rappresentanti di Dio, possono dare ordini ai propri subordinati, in accordo con le costituzioni dell’istituto. Avendo tali competenze devono, però, esercitare il proprio potere sempre come servizio alla comunità ed essere un esempio di fedeltà alla vocazione e di fervore nella sua realizzazione. Insostituibile è il ruolo che nella comune ricerca della volontà divina gioca il dialogo. La legislazione di ogni istituto lo mette ben in rilievo. Siccome l’obbedienza è uno dei più importanti elementi della vita religiosa, la sua mancanza può produrre serie conseguenze canoniche, perfino l’esclusione dall’istituto.
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